domenica 9 giugno 2013

La rivoluzione della “Gamification”



Una famosa casa che produce scarpe sportive ha introdotto una interessante novità nel mercato. Alcune delle scarpe da corsa che produce hanno infatti all’interno un accellerometro che registra ogni singolo passo fatto e raccoglie tutta una serie di dati. Questo dispositivo si collega ad uno smartphone ed al PC ed attorno a questi dati sono costruite tutta una serie di applicazioni che registrano ad esempio qual è stata la corsa più veloce o la distanza più lunga. E’ possibile inoltre  comparare i propri risultati con quelli conseguiti in precedenza, competere con gli amici o ricevere incoraggiamenti da questi. Inoltre si possono stabilire degli obiettivi da raggiungere e al raggiungimento di questi si ricevono coppe o medaglie virtuali. Il che sa molto di “videogame”. 

Attenzione però…non si tratta di trastullarsi al PC. Si tratta sempre e comunque di correre veramente. Infatti perché un produttore di scarpe dovrebbe creare un servizio del genere?  Il suo obiettivo è ovviamente che la gente usi sempre di più i suoi prodotti e quindi l’obiettivo è fare correre davvero la gente, non certo farla smanettare di fronte ad un PC. Il fatto è che questa serie di “servizi”  rendono l’esperienza del correre più ricca ed in qualche modo più appagante. E quindi la gente corre di più anche grazie all’elemento “giocoso” di cui è arricchita l’esperienza. In sostanza elementi tipici dei “giochi” sono utilizzati per servire uno scopo che è al di fuori del gioco stesso. Esiste ad esempio un’altra applicazione per smartphone utile per la corsa che simula un inseguimento da parte di zombies famelici. Per sfuggire loro bisogna appunto correre veramente e ci sono tutta una serie di elementi che rendono la cosa avventurosa e divertente.

Di che cosa stiamo parlando? Di un nuovo fenomeno o forse di una nuova disciplina chiamata “gamification” che si potrebbe definire come “l’uso di elementi provenienti dai giochi e tecniche di solito usate per il design dei giochi applicati in contesti non di gioco”. Cosa significa? Innanzitutto una “ingegnerizzazione” dei processi coinvolti orientata ad aumentare il divertimento, e quindi elementi tipici dei giochi come un sistema di punti, qualcosa che registra i progressi, delle “quest” da affrontare, una scala di “livelli”, risorse da accumulare, personaggi virtuali e magari un sistema “social”. Questi elementi appunto possono essere applicati a contesti che non hanno niente a che vedere con il gioco come l’istruzione, il business, lo sviluppo personale, il sociale. A proposito il Wall Street Journal nel 2011 scriveva “Sforzandosi di rendere i compiti quotidiani più accattivanti un crescente numero di azienda…sta introducendo elementi presi dai videogames sul posto di lavoro”. Sempre nel 2011 Fortune scriveva “Improvvisamente la gamification è la novità di punta e molte delle più prestigiose aziende del mondo ci si stanno dedicando”.


Insomma si è realizzato che il “giocare” è potente, intrigante, coinvolgente. E che è possibile, nel modo giusto, portare questo acceleratore di interesse anche in contesti diversi dal semplice gioco per aumentare le performance aziendali, velocizzare i processi, motivare le persone, fidelizzare i clienti, promuovere comportamenti desiderati. E’ senza dubbio un trend interessante e mi viene da dire estremamente positivo perché mette al centro l’uomo, con le sue pulsioni, le sue passioni e le sue inclinazioni. Ne riparleremo.

Paolo Mazzaglia