domenica 29 settembre 2013

Il cambiamento aggiusta il passato. La trasformazione crea il futuro.


Cambiare in un bruco migliore o trasformarsi in farfalla? Questa domanda spiega ed introduce istantaneamente due diverse declinazioni del tema “cambiamento”.
Cambiare significa rendere le cose migliori, più veloci, più economiche…insomma “più” o “meno” qualcosa. In questo ambito il passato è il punto di riferimento e le nostre azioni sono indirizzate a modificare quello che è già successo. Il successo del processo è misurato dalle efficienze e dalle economie che si sono realizzate alle fine dei nostri sforzi. Quando scegliamo di cambiare il futuro è una versione migliorata del passato.
La trasformazione parte dall’assunto che le nostre azioni di oggi creeranno il nostro futuro domani. E questo futuro può essere descritto in modo completamente libero, privo di riferimenti al passato. In un processo di trasformazione si disegna il futuro e si cercano poi modi per realizzarlo. Quando scegliamo di trasformarci il futuro è qualcosa di completamente nuovo.
Cosa implica questa differenza?
Quando un team è al lavoro è importante chiarire in quale dei due ambiti stiamo operando per evitare confusioni e per darsi un metodo. Se ci stiamo “trasformando” è la “visione” che guida…e bisogna dedicare il tempo necessario a crearla, chiarirla e condividerla. Poi cercare le strade per raggiungerla. In un processo di cambiamento come descritto sopra si lavora più per parametri, identificando la situazione attuale e lo stato desiderato. E definendo quindi azioni puntuali per il miglioramento. Due metodi abbastanza diversi, non migliori o peggiori ma alternativi. Evitare di fare confusione può essere importante per l’efficienza del processo.

Paolo Mazzaglia

domenica 1 settembre 2013

Emozioni negative e comfort zone

Usciamo dalla zona di comfort. Possiamo crescere solo se siamo disposti a sentirci a disagio ed in difficoltà provando qualcosa di nuovo. Brian Tracy
Le emozioni negative non sono mai state viste di buon occhio, ed in un certo modo è evidente il perché. Al contrario la gioia, la felicità e la soddisfazione sono al primo posto tra gli obiettivi della maggior parte di noi.
Eppure le tanto neglette e più che mai nascoste, soffocate, ignorate emozioni negative hanno una loro importantissima utilità. Come il dolore, si quello fisico. Che non è altro che un campanello d’allarme che segnala qualcosa che non va. E soprattutto ci dice in modo chiaro ed inequivocabile “fai qualcosa”.
Di fatto le emozioni negative diventano una cosa seria solo se evitiamo di fare qualcosa per porvi fine. E’ l’incapacità o la non volontà di agire il vero problema, non l’emozione negativa in se. Che invece dovrebbe metterci immediatamente in moto…


Prima però dobbiamo riconoscere ed accettare il sentimento ed evitare di nasconderlo come la polvere sotto al tappeto. Quindi andare ad investigare le cause del problema e finalmente agire e fare qualcosa per mettere fine allo stimolo negativo. Semplice a dirsi ma difficile a farsi. Perché spesso le azioni correttive implicano uscire dalla nostra zona di comfort, prendere dei rischi, decidere nuovamente. E si sa che lo status quo appare confortevole proprio perché non bisogna prendere nuove decisioni ed è tutto già regolato. Ed ecco che ci si trova intrappolati in un loop negativo che alla fine può incancrenirsi e diventare permanente parte di noi. A meno che il dolore non diventi insopportabile, e allora saremo costretti ad agire, ma in panico, in modo disordinato e nevrotico a tutto svantaggio della qualità delle nostre azioni.

Conviene invece prendersi cura delle nostre emozioni negative subito considerandole dei veri e propri campanelli di allarme che segnalano che è “tempo di cambiare qualcosa”. 

Paolo Mazzaglia