Come cambierà il lavoro
nei prossimi anni? Qualche dato interessante e forse anche lievemente
inquietante. Boston Consulting Group ha predetto che nel 2025 oltre un quarto
dei lavori verrà rimpiazzato da un software o da un robot e la Oxford
University stima che il 35% dei lavori
in UK saranno a rischio automazione.
Di fatto Intelligenza artificiale,
digitalizzazione, robotica non sono più un futuro da fantascienza ma un solido
fenomeno del presente. Tra questi proprio l’intelligenza artificiale sta
penetrando ogni settore, dai trasporti alle finanze, dall’ambito legale a
quello educativo fino ad arrivare al customer service e alla medicina. Gli
esempi sono ovunque e giusto per citare alcuni big player: Skype ha lanciato un
sistema di traduzione istantaneo, Google sta investendo nella auto che si guida
da sola e IBM Watson sta collaborando con centri specializzati per
personalizzare i trattamenti del cancro.
E quindi? Cosa succederà
di noi? Su cosa dobbiamo investire per avere ancora un futuro nel mondo del
lavoro?
Secondo uno studio
condotto da Goran Roos ci sarà nel futuro un aumento di richieste in due tipi
di lavoro: quello poco o pochissimo qualificato, come i servizi di
pulizia, e quello estremamente
qualificato, come avvocati, medici, ingegneri. Questi aumenti di richiesta non
compenseranno una grande diminuzione però, quello dei lavori di fascia
intermedia, ad esempio quelli di personale di back office ed in alcuni casi di
front office. Come prepararsi a questa sfida per non “retrocedere” a lavori
meno qualificati? Il primo step secondo me è quello di sviluppare le attitudini
alla gestione del cambiamento ed una importante “learning agility”. Infatti per
riqualificarsi si dovranno acquisire abilità e competenze negli ambiti ITC e tecnologico,
di processo, di settore, specifici di business, finanziari e non meno
importanti elementi soft come: skills comunicazionali, orientamento alla
risoluzione dei problemi, capacità di design, creatività, pensiero prospettico,
e in generale tutto ciò che riguarda l’intelligenza emotiva.
Se al momento le macchine
possono sostituirci ad esempio per processare un documento o produrre una
fattura ancora, per fortuna, non possono farlo su quelli che forse sono gli
aspetti più prettamente umani del nostro lavoro e quindi, per pensare in modo
prospettico appunto, bisogna cominciare ora ad investire su queste competenze
per essere preparati per il futuro. Un effetto collaterale positivo è che
lavorare ad esempio sull’intelligenza emotiva non solo è strategico per il
nostro futuro lavorativo ma contribuisce ad una esistenza più consapevole,
sana, orientata ai nostri valori profondi e quindi in sintesi più felice. Mi
sembra anche questa una buon motivo per prenderla seriamente in considerazione
per ritornare a lavorare non solo sul ruolo ma sull’uomo dietro al ruolo e
approfittare dell’ avanzamento tecnologico per elevarci, riqualificarci e
valorizzare il contributo unico che ciascuno in potenza può dare.
Per fare un primo passo in questo senso ci sarà a Marzo un evento importantissimo organizzato da Six Seconds Italia. Non mancate.