Immaginate di essere un
prestigiatore dilettante ed aver imparato un semplice trucco. Ora mostrate il
trucco ad un adulto: se riuscite ad imbrogliarlo vi chiederà come avete fatto.
Di fronte al vostro rifiuto se ne andrà scocciato. Provate ora a farlo vedere
ad un bambino. Meravigliato anche lui vi chiederà spiegazioni ma, di fronte al
vostro rifiuto, vi strapperà di mano il mazzo di carte e caparbio e testardo
proverà a rifare il trucco (senza per altro aver capito nulla). Ora
paradossalmente uno degli elementi dell’Agile Learing è proprio in questo
diverso atteggiamento ed è un campo in cui il piccolo prestigiatore supera di
gran lunga l’adulto in termini di atteggiamento e velocità. Ma facciamo un
passo indietro.
Quando usiamo la parola agilità
pensiamo al movimento: velocità, flessibilità, fluidità. Ed è esattamente
quello che ci si aspetta oggi dalle persone al lavoro. Le organizzazioni sono
ormai in costante cambiamento, almeno quelle che contano di mantenersi
competitive, e pare che circa il 60% delle aziende sperimenti almeno tre
cambiamenti importanti ogni anno. Per star dietro a questo stato di cose è
importante che le persone si adattino velocemente imparando quello che c’è da
imparare altrettanto velocemente. Peccato che per molti questa sfida risulta
difficile, frustrante e a volte insormontabile.
Perché? E qual è la strada per
l’ormai indispensabile “agile learning”?
Tralasciamo le considerazioni
relative alle resistenze intrinseche di cui si è parlato molto: le persone sono
naturalmente resistenti al cambiamento ed imparare costantemente porta fuori
dalla zona di comfort ed è stressante e stancante.
Veniamo invece al come. Qual è
l’atteggiamento giusto?
Secondo me possiamo imparare molto
dai bambini e sfruttare i principi di una pratica strategica di vitale
importanza ormai molto negletta e trascurata: il gioco.
Veniamo ad un altro esempio.
Riceviamo un nuovo computer con installato un nuovo software per il montaggio
video. L’adulto medio se non è un addetto ai lavori o se non ha un interesse
specifico non lo aprirà nemmeno. Chi ha interesse cercherà qualcuno che gli
insegni ad usarlo e comunque troverà le spiegazioni difficili: magari prenderà
un sacco di appunti ma al momento di farlo funzionare non sarà comunque capace.
Un giovane ( o un agile learner ) invece lo aprirà e comincerà a trafficare,
senza sapere bene cosa fare, aprendo finestre, cliccando qua e la, provando e
giocandoci. Totale: dopo poco tempo chi ci ha giocato saprà farlo funzionare,
tutti gli altri no. Perché? Molto si è detto sul “gioco” come ambito creativo e
di apprendimento: giocare ci pone in uno stato in cui fallire non è
preoccupante ma divertente ed inoltre ci
pone in uno stato mentale di libera esplorazione senza l’ansia della
performance. Ed è in questo stato che apprendiamo. Provando, facendo e
sbagliano con gioia in un ambiente rilassato e informale.
Di fronte ad una nuova sfida, software, comportamento dovremmo
quindi tutti fare come il piccolo aspirante prestigiatore: afferrare il mazzo
di carte e cominciare a provarci, anche senza avere una chiara direzione. Prima
o poi il trucco riuscirà e ci saremo divertiti nell’impresa.