Sono giovani,
tra i 30 ed i 35 anni. Laureati e masterizzati, vestiti casual sempre alla moda
o affogati in attillati abiti blu grigi e neri con le cravatte ben strette.
Pettinati e tirati come dobermann. A
volte li chiamano giovani talenti ( a discapito di chi “talento” non è
chiamato…giusto per mettere in chiaro le differenze da subito ). Le aziende li
formano, investono. Organizzano ormai solo per loro corsi di formazione, perché
i manager, quelli veri, chi li vede più in aula? I manager quelli veri al
limite vanno alle business school se ha il nome di prestigio. Per il resto…E
comunque i giovani talenti arrivano ai corsi anche con 30’ di ritardo al
mattino, come se fosse naturale. Del resto magari i loro
manager (quelli che sanno come si vive e lavora) hanno appena indetto una riunione alle
7.30 finita poco fa. Arrivano parlando al cellulare a cui sono cablati anima e
corpo. Non se ne separano mai. Appena entrati in aula ( a volte ti salutano a
volte no ) cercano come un naufrago una sedia ed immediatamente aprono il PC.
Sono stanchi, a volte polemici ma più frequentemente rassegnati.
Quando proponi delle
normali idee per una miglior vita aziendale dicono “bello, ma da noi non si
può”. Non è uno scherzo…da noi non si può uscire in orario se no ti dicono “oggi fai mezza giornata?”.
Non si possono fare slides con grandi immagini e poco testo che poi ti dicono
“è poco professionale e bisogna far vedere i dati”. Non si può essere
propositivi perché ti dicono “prima di parlare in riunione devi aspettare
almeno 5 anni”. Non ci si può divertire al lavoro altrimenti “sembra che non
sei produttivo”. Sono persone preparate, intelligenti e massacrate. Gli hanno
insegnato o a tenere la testa bassa o ad essere iper operativi e fare, fare,
fare. Pensare è considerato una perdita di tempo. Hanno asciugato i loro sogni
i grandi manager che vanno alle business school. Le loro vocazioni ed
intenzioni sono relitti incagliati nei fogli excel in cui tengono costantemente
immerso lo sguardo.
Quando il corso finisce non vanno a casa, tornano in
ufficio, in riunione. E quando finalmente si fa una pausa non pensano a
chiacchierare, non pensano a corteggiare le colleghe o a bere un caffè. Non si
alzano neanche dalle sedie, aprono il PC e via a scrivere e scrivere con lo
sguardo fisso al monitor. E invece secondo me l’unica finestra che un ragazzo di 30
anni dovrebbe fissare durante una pausa è quella attraverso cui si vede l’orizzonte lontano.