sabato 27 giugno 2015

E se il Time Management non riguardasse il Time Management?


Prendiamo due professionisti Ernesto ed Evaristo. Entrambi hanno le stesse competenze di organizzazione e gestione del tempo, diciamo che hanno addirittura frequentato assieme un corso di Time Management e fanno lo stesso lavoro. Eppure hanno un approccio all’organizzazione personale completamente diversa. Ernesto è disciplinato ed organizzato, comincia le giornate con precise to do list, la sua agenda sul telefono è sempre aggiornata e sincronizzata con quella del PC. Appena prende un impegno lo segna e si blocca in agenda anche il tempo della preparazione. Impossibile che si dimentichi di qualcosa. E quando un impegno è in agenda lotta per difenderlo e per non farlo mangiare da altre attività. Se si chiede la disponibilità ad Ernesto per un meeting o per un progetto controlla immediatamente l’agenda e da sicura disponibilità, che manterrà fino alla morte. Evaristo non usa l’agenda sul pc e si porta in giro una classica agenda di carta. Spesso però la dimentica e fa affidamento alla memoria, a volte sbagliando. Se si chiede la disponibilità ad Evaristo  per un meeting o per un progetto bisogna aspettare ore o a volte giorni prima di avere una risposta. E qual appuntamento sarà facilmente sacrificato se qualcosa di più importante compare all’orizzonte. Risultato? Ernesto è sempre intasato di lavoro, spesso fa tardi la sera e lavora il week end. Evaristo è molto meno intasato ed in generale più rilassato. Da dove viene la differenza visto che, come abbiamo detto, entrambi i personaggi hanno le stesse competenze di base? 

Comincio a pensare che i classici strumenti di gestione del tempo non centrino niente, e che sia una questione di emozioni, gestione dello stress, responsabilità e forse valori. Nella complessità del lavoro attuale non si tratta solo più di mettere in fila le attività ed è facile il consenso nel dare importanza ad una consegna ad un cliente. Meno nell’ordinare la quantità di attività tangibili o spesso intangibili che compongo il mosaico del “lavoro” moderno.


Se si tratta di emozioni è evidente che il nostro Ernesto è molto più spaventato dall’imprevisto e dall’idea di farsi trovare impreparato. E sicuramente vive con disagio l’idea di non essere affidabile e preciso e di tirare fregature al prossimo. Evaristo invece non vive questo disagio emozionale e forse la sua vera paura è quella di sentirsi troppo imbrigliato in una rete di attività che magari non ritiene neanche fondamentali. Se quindi parliamo di stress (organizzativo e legato al tempo e ai progetti) mi pare si possa dire che Ernesto lo carica tutto su di se, mentre Evaristo non accettandolo finisce per scaricarlo sugli altri. Ed ecco che per parlare seriamente di gestione del tempo bisogna necessariamente fare un viaggio nel nostro sistema di valori, emozionale e “filosofico”.  Non cosa è importante “fuori”, ma cosa è “importante” dentro. Un corso sul Time Management moderno non può più occuparsi della pianificazione e basta (tra l’altro destinata comunque a saltare) ma deve cominciare a prendere in analisi il mondo interiore delle persone.