martedì 3 luglio 2018

Involuzione o evoluzione organizzativa?


Il genere umano sta evolvendo o involvendo? Alcuni segnali potrebbero avvalorare la seconda ipotesi: assistiamo a derive individualiste, egocentriste, all’erigersi di muri a difesa di diritti reali o presunti, a diverso titolo rivendicati; all’egemonia di un pensiero spesso semplicistico, che si sostanzia nell’adotta inconciliabilità di due opposti: o loro, o noi. O aperti o chiusi. O dentro o fuori.
E nelle organizzazioni, che cosa sta succedendo? 
In quest’ambito, sembra esserci una timida controtendenza che può ridarci un po’ di speranza. Del resto come ci ricorda Frederic Laloux nel suo bel libro “Reinventing Organization”, le organizzazioni nacquero proprio per gli uomini: per migliorare la cooperazione, per perseguire degli obiettivi irraggiungibili individualmente, per generare maggiori benefici comuni, per creare ben-essere. Mi piace immaginare che, dopo l’indigestione di crescita a doppia cifra e di tagli orizzontali, anche in risposta ai segnali esogeni di cui sopra, alcune organizzazioni si stiano riappropriando di questa loro originaria vocazione, interrogandosi su come creare al proprio interno un microcosmo più umanizzante, sviluppando anticorpi inclusivi ed eco, interpretandosi come organismi viventi che per sopravvivere devono mantenersi ben ancorati allo scopo evolutivo, preservando al tempo stesso la buona salute delle proprie cellule. 
Due primi tratti mi piacciono di questo nuovo modello: il primo è la capacità di ragionare superando la dicotomia o-o di cui sopra. Sempre Laloux: “L’atto di inspirare ed espirare fornisce una semplice metafora della differenza tra i due approcci. Nel pensiero esclusivo o – o li vediamo come opposti, mentre nell’approccio inclusivo e – e sono due elementi che hanno bisogno l’uno dell’altro: più riusciamo a inspirare, meglio riusciamo ad espirare”. Fuor di metafora, nella vita organizzativa questo significa poter conciliare alcuni principi tanto apparentemente contrastanti quanto vitali per l’essere umano: la libertà e la responsabilità, la solitudine e la comunità, pensare a sé stessi e pensare agli altri.
Il secondo tratto è l’accettazione dell’errore: allentare il controllo riuscendo a credere che, all’accadere di qualcosa di inaspettato o nell’incorrere in errori, tutto andrà bene e, anche quando questo non accadesse, la vita ci avrà dato l’opportunità di imparare e crescere. 
Qual è il vostro percepito? Stiamo evolvendo o involvendo nelle nostre organizzazioni? Quanto sono sostenuti e sviluppati il pensiero paradossale e la cultura dell’errore? E ancora: queste tendenze quale impatto potrebbero generare sulla nostra società? 
Alessandra Giardiello