“Gioventù non sa quel che può, maturità non può quel che sa...”“SOLIDARIETÀ GENERAZIONALE: Il desiderio di una determinata generazione di etichettare come imbelle quella successiva, allo scopo di esaltare il proprio orgoglio collettivo.”D. Coupland, Generazione x
Heinlein,
famoso scrittore statunitense di fantascienza nel suo romanzo Lazarus
Long L’Immortale, nel 1973 così teorizzava “Un essere umano deve essere in
grado di cambiare un pannolino, pianificare un'invasione, macellare un maiale,
pilotare una nave, progettare un edificio, scrivere un sonetto, tenere la
contabilità, costruire un muro, aggiustare un osso rotto, confortare i moribondi,
prendere ordini, dare ordini, collaborare, agire da solo, risolvere equazioni,
analizzare un problema nuovo, raccogliere il letame, programmare un computer,
cucinare un pasto saporito, battersi con efficienza, morire galantemente. La
specializzazione va bene per gli insetti”.
Si tratta di una mera speculazione fantascientifica o di una lettura
visionaria dell’evoluzione della nostra specie?
Secondo la Treccani, si dice generalista “un organismo non selettivo nella
scelta di tipo alimentare (contrapposto a specialista). La strategia
generalista può essere particolarmente conveniente se risorse diverse sono
disponibili o se l’ambiente è instabile”. Dal punto di vista ecologico quindi,
l’organismo generalista sarebbe più funzionale e adatto a un eco-sistema
variabile e diversificato.
Eppure le aziende sembrerebbero ignorare questa verità. Almeno stando alle
logiche seguite nelle ricerche per i nuovi inserimenti: si cercano ovunque
specialisti di settore, specialisti di un mercato, segmento, prodotto;
specialisti di funzione, di ruolo, di una tecnologia. Lo specialista è il super
esperto di una nicchia, di un particolare settore di una scienza, di un’arte,
di una professione: padroneggia in modo eccellente la sua materia, la conosce
in modo approfondito, ne sa parlare con cognizione di causa. I suoi pareri sono
affidabili e precisi.
Non metto in discussione il valore della specialità. Non esistono campioni
di “sport”: esistono esperti in una certa disciplina. Se per essere campioni si
dovesse sapere saltare, correre, lanciare un giavellotto, nuotare, tuffarsi,
combattere.. non esisterebbero campioni. Ma quanti campioni di specialità
servono davvero in un’organizzazione? In azienda bisogna dimostrare, in
egual misura, di saper saltare gli ostacoli, correre la staffetta,
combattere lealmente, giocare di squadra. In un’epoca in cui la contaminazione
pervade arti e discipline e ridisegna la socialità, le aziende sono ancora
tese, prevalentemente, a difendere il proprio vantaggio competitivo con la strategia
del sotto vuoto e della ventilazione forzata. Pur invocando flessibilità e
trasversalità, non aprono le finestre per guardare al nuovo, o per guardare al
vecchio con occhi nuovi, come suggeriva Proust.
Allora forse, si potrebbe scoprire un generalismo, che non è per forza
sapere superficiale, ma ad esempio capacità di “deragliare” più facilmente e
quindi di pensare in modo creativo e di generare innovazione; o un’attitudine
alla ricerca di prospettive diverse da conciliare; o l’espressione di una sana
e fertile curiosità. Il generalismo potrebbe essere una nuova via?
Un’opzione possibile, quando ciò che più conta sono la “learning agility”, la
velocità di adattamento, la capacità di leggere il contesto in modo ampio ed
inclusivo?
Alessandra Giardiello