domenica 23 novembre 2014

Le frustate del subconscio e le “to do” list


Dovunque si guardi nella storia della cultura, si trovano le liste” Umberto Eco
Vi è mai capitato di sentire un piccolo pezzo di una canzone e in seguito, magari per tutta la giornata, la stessa canzone ha continuato a tornarvi in mente a strani intervalli? E se mai avete visto una soap opera avete notato che ogni puntata tende a terminare in mezzo ad una scena che non si conclude? Sono due facce di un meccanismo interessante che si chiama effetto Zeigarnik e, oltre che con le canzoni e le soap operas, ha a che vedere con il successo planetario delle famigerate “to do list”. Ma andiamo per ordine.
Questo effetto è stato “scoperto” dalla psicologa tedesca Bluma Zeigarnik grazie all’osservazione di un cameriere che riusciva a ricordare un numero incredibile di ordinazioni fatte dai clienti fino al momento di servirli. Dopo aver evaso le ordinazioni non ricordava più che cosa aveva servito. La psicologa fece altri studi e in sintesi scoprì che un compito incompleto, un attività lasciata a metà, crea una tensione psichica che ci costringe a completare e concludere, impedendoci o se non altro rendendoci molto difficile concentrarsi su altri processi mentali. Ecco perché le canzoni lasciate a metà continuano a tormentarci, ecco perché siamo costretti a vedere come “va a finire” la soap interrotta sul più bello. Ed ecco perché tanti personaggi famosi e non della storia si sono molto seriamente appoggiati alle to do list: in sintesi una volta che abbiamo scritto una cosa da fare il nostro subconscio ci stressa inviandoci segnali che ci spingono a terminarla. A volte ci frusta letteralmente per stimolarci a chiudere quello che abbiamo lasciato aperto. Scoperte recenti hanno poi approfondito l’effetto Zeigarnik evidenziando che i pensieri “disturbanti” che ci invia il subconscio non siano volti a farci proprio terminare il compito in sospeso. Invece pare che il subconscio chieda al conscio di fare un piano, visto che apparentemente non è in grado di farlo da solo. E parliamo proprio di un piano con step specifici e obiettivi SMART. Una volta che questo piano è fatto finalmente il subconscio smette di tormentarci con i suoi “richiami” al completamento.
In ogni caso pare sia una cosa da accettare…siamo uomini, siamo fatti così, dobbiamo chiudere i cerchi, mettere i puntini sulle i. E o lo facciamo subito o almeno dobbiamo pianificare. Ed ecco perché le to do list sono uno strumento usato dalla notte dei tempi (pare che le prime risalgano ai Sumeri)…accendono questo strano effetto psicologico che ci infligge la tortura dell’ansia da completamento. Non senza problemi però. Per esempio è stato dimostrato che uno dei difetti delle to do list è cercare di fare troppe cose assieme con conseguente conflitto di obiettivi. E quindi maggior stress e problemi. Inoltre la to do list porta talvolta  l’incapacità di interrompere un lavoro fino a quando non l’abbiamo finito o l’incapacità di lavorare in multitasking a causa dell’urgenza psicologica di affrontare un lavoro per volta.

Quale può essere una morale? Sicuramente quella di usare la to do list con parsimonia, limitandoci a pochi specifici elementi non in conflitto tra di loro. Fare diversamente ci condanna a subire le frustate del subconscio e ad intrappolarci con le nostre mani a sentire la “canzone” delle cose da fare in testa tutto il giorno.

Paolo Mazzaglia