domenica 11 aprile 2010

Piccolo è il nuovo grande



Non possiamo fare grandi cose, solo piccolo cose con grande amore.
Madre Teresa


E’ una domanda classica: “quanto è grande la vostra azienda?”. Domanda indipendente dal fatto che la vostra azienda sia davvero “vostra” oppure semplicemente ci lavoriate. Ed è classica la reazione “wow” se la risposta è “siamo grandi, 1000 persone”. Tipico ragionamento anni 80 in cui il valore è rappresentato dal “quanto”. Peccato che i tempi siano leggermente cambiati e forse possiamo cominciare a liberarci della machistica ossessione della “grandezza” per ragionare in termini diversi. Soprattutto per gli uomini, un passaggio difficilissimo :-)

Ma cosa perderemmo nel passaggio da un’organizzazione grande ad una piccola?
Innanzitutto la possibilità di passare anni ed anni nell’ombra senza prenderci davvero la responsabilità del nostro lavoro e di dare sempre la colpa a qualcun altro. La possibilità di sentirci un piccolo ingranaggio in una macchina vastissima e quindi di poterci lamentare degli ingranaggi grandi usando l’atteggiamento “io non ci posso fare niente”. E di fronte ai clienti la possibilità di non essere ossessionati da un rapporto emotivamente impegnativo sempre con le solite persone che poi “pretendono” e usare la facile scappatoia di sfuggire loro, facendoli rimbalzare tra mille uffici o stordirli con la giustificazione di rigide procedure. E poi se si è grandi si può sempre tornare piccoli, basta “tagliare”.
A parte gli scherzi, se da una parte le piccole aziende sognano di diventare grandi, spesso le grandi cercano il graal della leggerezza e della flessibilità. Che potranno trovare solo in piccolissima parte…come dire che anche se un elefante si mette a dieta e comincia a fare stretching tutti i giorni, sarà comunque meno abile ad arrampicarsi sugli alberi di una scimmia.
E oltre alla solita ossessione per il prezzo per i clienti, ci sono due altri imperativi da soddisfare: flessibilità e fiducia. Flessibilità perché come già ripetuto da molte fonti, la velocità del cambiamento è esponenziale. Fiducia perché data la velocità e complessità del business, un cliente evita volentieri di dover stare dietro anche ai fornitori per assicurarsi qualità tempi e servizi congrui.
Come si conquista dunque la fiducia? Con la relazione con le persone e non inserendo codici in una pagina web o scandendo le parole ad un operatore automatico. E comunque anche parlare con un impiegato o dirigente che sente su di sé il fardello di un imminente processo di “ridimensionamento” non comunica una buona impressione. Ricordiamoci che le emozioni passano anche attraverso la cornetta.

Questa rifocalizzazione sul piccolo pare sia avvenuta soprattutto nel paese tradizionalmente del “grande”: gli Stati Uniti. Di sicuro la recente crisi finanziaria ha fatto perdere fiducia nelle grandi organizzazioni e infatti secondo alcuni sondaggi alla domanda “cosa ci porterà ad un futuro migliore?” gli “small business” sono al primo posto seguiti da tecnologia e con un grosso distacco dai seguenti “governo” e “grandi aziende” Come diceva Prince “Sign of the times”.
Basta quindi con questa ossessione per la grandezza (che per altro si riflette anche nelle dimensioni delle auto più desiderate). Non che crescere sia un male, ma il "come" forse è diventato più importante del "cosa e del quanto" e in certi casi essere e restare piccoli potrebbe essere addirittura più di un passaggio verso qualcosa d’altro.

Potrebbe essere l’obiettivo per cominciare davvero a fare “altrimenti”.