Una volta ho conosciuto una
persona completamente sconvolta perché la sua azienda avrebbe fisicamente
traslocato. Non in un’altra città ma a pochi KM dalla vecchia sede. In una zona
tra l’altro servita dalla metropolitana (mentre la vecchia sede non lo era). La
persona era imbufalita e mi confidava che avrebbe fatto di tutto per cambiare
lavoro…quei pochi km di distanza gli rovinavano la vita. “Perché non vieni in
metropolitana allora?”. Non lo avessi mai detto. La metropolitana puzza, è
piena di extracomunitari e di brutta gente…non se ne parla. E più parlavamo più
la persona si infuriava e protestava: un vero fiume in piena di negatività. Un esempio
di resistenza al cambiamento sicuramente, ma forse qualcosa di più…una sorta di
autocompiacimento nella lamentela.
Perché dobbiamo ammetterlo:
lamentarsi, protestare e criticare è bello. Secondo certi psicologi gratifica
il nostro ego e ci fa prendere le distanze dalla responsabilità. E va bene.
Ogni tanto ci vuole ed è umano, umanissimo. C’è però chi ne è diventato
completamente dipendente ed esagera, come la persona descritta in precedenza. E
dalla mattina alla sera non fa che rovesciarci addosso tonnellate di
recriminazioni, indignazioni, scocciature e proteste per questa o quella cosa
(o persona ) che proprio non vanno bene. Queste persone sono certamente noiose.
Ma c’è di più. Alcuni neuroscienziati hanno fatto ricerche ed hanno scoperto “che
rimanere esposti alle continue lamentele di parenti, amici, colleghi e chi più
ne ha più ne metta, ci rende più stupidi. È un discorso di neuroni e di
ippocampo: se siamo impegnati ad ascoltare fiumi di parole e piagnistei, siano
essi provenienti da persone in carne ed ossa o dalla tv, il nostro cervello
comincia a perdere colpi e noi non siamo più in grado di risolvere i problemi
di cui ci stiamo occupando.”
Un buon proposito allora potrebbe
davvero essere quello di liberarci da questa scocciatura e a riguardo si
trovano la tecniche più stravaganti come immaginarsi avvolti da una bolla in
modo da isolarci energeticamente dal molestatore emotivo. Stranamente leggendo
in giro pochi suggeriscono di confrontare direttamente il lamentatore seriale
con un feedback bello chiaro e diretto. Come sempre l’idea non è quella di “punire”
il nostro amico/collega negativo ma di aiutarlo. Innanzitutto a prendere
consapevolezza di quale sia l’impatto del suo comportamento sugli altri, e
quindi magari portarlo a riflettere sul modo che ha di affrontare la vita e le
cose. Se subiamo passivamente senza il coraggio di reagire non ci prendiamo carico
del nostro benessere psicofisico e non diventiamo forse anche noi complici di
quell’allontanamento dalla responsabilità di cui è vittima il nostro “molestatore”?
E allora via, proviamo a fare
pulizia di emozioni negative attorno a noi. Magari riusciremo a vivere un po’
più sereni, risolvendo meglio i problemi e magari intercettando qualche
opportunità in più.